Biocombustibili alla prova dei costi
Category : Energia
Il passaggio ai nuovi impianti avrebbe il vantaggio di ridurre la competizione con il grano destinato ai mercati alimentari e permetterebbe la riutilizzazione di materiali destinati allo smaltimento, come nel caso della paglia
Le bioraffinerie di seconda generazione – quelle che producono biocombustibili da residui vegetali quali legno, foglie e paglia – si sono proposte per lungo tempo come eredi degli attuali impianti che producono etanolo dal grano, ma finora la tecnologia è stata considerata troppo costosa per essere competitiva.
Tuttavia, i recenti aumenti del prezzo dei cereali hanno reso il divario meno evidente, secondo un recente articolo pubblicato sulla rivista “Biofuels, Bioproducts & Biorefining”.
Il passaggio da una materia prima all’altra avrebbe il grande vantaggio di ridurre la competizione con il grano destinato ai mercati alimentari, umani e non, e permetterebbe la riutilizzazione di materiali destinati allo smaltimento, come nel caso della paglia. Inoltre queste materie prime meno pregiate possono crescere anche in terreni poco adatti ad altri tipi di coltivazioni.
Due ricercatori che lavorano presso il Dipartimento di ingegneria meccanica dell’Iowa State University hanno stimato i costi di capitale e operativi della produzione di biocombustibile da materiali ricchi di amido e di cellulosa.Hanno così dimostrato che la differenza tra le due tecnologie è ancora notevole per quanto riguarda l’investimento di capitali, ma anche come essa si riduca fortemente nel costo finale alla pompa.
Oltre a ciò i due studiosi hanno confrontato i due approcci ai biocombustibili, quello biochimico e quello termochimico, evidenziando come entrambi richiedano capitali più ingenti rispetto ai tradizionali impianti per l’etanolo derivato dal grano e che essi sono, dal punto di vista dei costi, sostanzialmente equivalenti. (fc)
Tratto da LeScienze