Cosa sono le biomasse?
Category : Energia
Articolo di Gabriele Bollini* tratto da aprileonline.info
La produzione energetica da materia organica può essere considerata una fonte rinnovabile? E come incide sui cambiamenti climatici in termini di produzione di CO2? Ed ancora, che tipo di processo la caratterizza?
Le biomasse utilizzabili a fini energetici, per essere considerate fonti energetiche rinnovabili (FER), a differenza delle altre FER (eolico, solare, idroelettrico, ecc.) che lo sono di per sé (per natura), devono soddisfare determinate caratteristiche di ecosostenibilità nella loro produzione e utilizzo.
Le filiere agroenergetiche da promuovere in quanto ecosostenibili devono essere corte (nello spazio) e brevi (nel tempo), devono garantire un bilancio energetico positivo e di produzione complessiva di CO2 negativo o nullo, non devono prescindere dal contributo che le buone pratiche agricole possono dare alla fissazione al suolo del carbonio, alla lotta alla desertificazione e all’erosione, al processo di graduale sostituzione dei concimi chimici e al miglioramento della qualità dei suoli, mediante, ad esempio, l’uso in agricoltura di ammendanti prodotti dal compostaggio delle biomasse ad elevata umidità.
Ma non essendoci al momento normativa, direttive, circolari o quant’altro da assumere a riferimento, che ne stabilisca obbligatoriamente queste caratteristiche, si pone, per chi si trova a valutare l’autorizzabilità di determinati progetti che prevedono il loro sfruttamento, il problema di come considerare questi criteri di ecosostenibilità. Criteri che rappresentano, come già detto, una sorta di spartiacque per la classificabilità delle biomasse fra le FER. C’è la consapevolezza nel nostro operato che i suddetti criteri in assenza di un qualche documento normativo, non possano di fatto essere considerati “prescrittivi” e vincolanti, e tutt’al più possono al massimo essere considerati non altro che direttive, indirizzi, raccomandazioni, nelle more di un qualche atto nazionale e/o regionale che li assuma come invarianti del sistema e delle filiere agroenergetiche.
Le biomasse sono da considerarsi una fonte rinnovabile? E come incidono sui cambiamenti climatici (produzione di CO2)?
Le biomasse vanno considerate rinnovabili se quanto viene sottratto all’ambiente naturale o agricolo corrisponde a quanto nuovamente sarà riprodotto: in un anno è possibile togliere all’ambiente tanti quintali di biomassa, quanti in quell’anno l’ambiente riprodurrà o naturalmente o artificialmente (coltivazioni agricole o riforestazione).
Per il bilancio della CO2 teoricamente, se tanti sono i quintali che si bruciano quanti quelli che si riproducono annualmente, la CO2 prodotta dalla combustione sarà circa uguale a quella inglobata dalle piante, grazie alla fotosintesi. Tuttavia, se consideriamo che le coltivazioni (erbacee o arboree) richiedono l’impiego di fertilizzanti chimici di sintesi e fitofarmaci, oltre a macchine agricole, pompe per l’irrigazione e trasporto dei prodotti, ciò significa che sono necessarie grandi quantità di energia di origine fossile che produce CO2. Pertanto il bilancio non è più in equilibrio, perché vi è una produzione netta di CO2 a causa dell’impiego di energia fossile, non rinnovabile: le biomasse utilizzabili devono dunque essere o naturali o prodotte biologicamente.
L’industrializzazione dell’agricoltura ha aumentato in media di 50 volte il flusso di energia rispetto all’agricoltura tradizionale. Pertanto, per esempio, il sistema agricolo statunitense consuma dieci volte più energia di quanta ne produca sotto forma di cibo o, se si vuole, utilizza più energia fossile di quella che deriva dalla radiazione solare. Considerando solo la produzione dei fertilizzanti, va detto che servono circa due tonnellate di petrolio (in energia) per produrre e spargere una tonnellata di concime azotato. In Italia, secondo una ricerca dell’ENEA compiuta nel 1978-79, tenendo conto del rendimento energetico relativo alla sola produzione, risultò che il rapporto fra l’energia ricavata dal raccolto (output) e l’energia necessaria a produrre il medesimo raccolto (input) era in molti casi inferiore ad uno ed è ragionevole pensare che tale rapporto sia peggiorato nel corso degli ultimi25 anni.
Bilancio energetico positivo e produzione di CO2 negativa
L’utilizzo a fini energetici delle biomasse è consentito a condizione che siano rispettati i criteri di efficienza energetica. Bisogna calcolare in modo completo il contributo delle diverse fonti di energia che concorrono al processo produttivo (input), dalla coltivazione al consumo finale (ad esempio carburanti per trasporti, fertilizzanti, energia elettrica, manodopera …) e la quantità di energia che se ne ricava (output). Il valore positivo del rapporto output/input si ha quando l’energia solare immagazzinata e poi liberata (output) è maggiore di quella proveniente da fonti non rinnovabili utilizzata lungo tutto il processo produttivo (input). Se il saldo energetico è positivo dovrebbe essere pari o negativo quello della produzione di CO2; ma qui entra in gioco la variabile tempo. L’anidride carbonica fissata nei combustibili fossili in processi durati milioni di anni, viene liberata in atmosfera nello spazio brevissimo della combustione degli stessi.