Energia, la tecnologia salverà il mondo
Category : Energia
Di Fulvio Conti, amministratore delegato Enel*
I temi energetici sono oggi al centro del dibattito internazionale e hanno assunto un’importanza rilevante per l’opinione pubblica data la loro valenza politica, sociale, economica ed ambientale. Oltre 2 miliardi di persone nel mondo non hanno energia elettrica. Altrettante ne dispongono in modo saltuario e insufficiente. Dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia mostrano come la domanda di energia primaria mondiale aumenterà del 55% dal 2005 al 2030. La crescente domanda di energia a costi sostenibili si scontra con la necessità di combattere il cambiamento climatico.
É in atto, dunque, nel mondo un processo di polarizzazione sempre più marcato, che registra il delinearsi di due blocchi di interessi contrapposti. Da una parte, i Paesi esportatori di petrolio e gas naturale, dall’altra Paesi industrializzati e economie emergenti, quali la Cina e l’India, importatori crescenti di combustibili fossili. La Cina e l’India contribuiranno per più del 40% all’incremento della domanda globale di energia al 2030. Si pensi che solo in Cina ogni settimana entra in funzione una centrale a carbone da 700-800 MW.
Gran parte del mondo industrializzato, Europa e USA inclusi, è quindi oggi dipendente da un gruppo di nazioni, tra le quali molte localizzate sulla sponda sud del bacino del Mediterraneo e nell’area del Golfo Persico, che assumono indirettamente un’influenza determinante nella formulazione delle politiche energetiche dei Paesi importatori. Alla dipendenza energetica si aggiunge un’accentuata dipendenza finanziaria, che favorisce un accumulo di riserve finanziarie in alcuni paesi esportatori di energia primaria destinate ad investimenti su larga scala in tutto il mondo.
I combustibili fossili contribuiscono oggi per circa l’80% ai consumi energetici globali ed europei, e si stima che al 2030 tale percentuale resterà sostanzialmente invariata. Il fabbisogno di combustibili europeo è coperto al 51% dalle importazioni, provenienti in massima parte da un numero limitato di Paesi ad alto rischio geopolitico. Si stima che tale percentuale salirà al 65% entro il 2025. È necessario dunque – per l’Unione Europea e l’Italia in particolare – differenziare il più possibile sia i Paesi fornitori che le fonti energetiche, al fine di minimizzare il rischio geopolitico dell’approvvigionamento e aumentare l’efficienza energetica dei consumi per contenere il fabbisogno energetico complessivo. Per formulare politiche efficaci in questo contesto deve essere adottata una visione globale e continentale. Un coordinamento politico tra i Paesi dell’Unione Europea è importante per impostare accordi sovranazionali che in qualche misura vincolino i Paesi esportatori per far fronte alla penuria di materie prime. In Europa serve un approccio integrato, un’armonizzazione di politiche e di azioni piuttosto che 27 sforzi bilaterali disgiunti, un piano condiviso per incrementare il potere contrattuale nei confronti dei Paesi fornitori di materie prime.
In questo contesto sono grandi sfide energetiche dei prossimi decenni. La temperatura media del pianeta è in costante crescita. Una causa determinante dell’aumento della temperatura, prodotto dalle emissioni di gas serra, tra cui la CO2 , è la crescita di Paesi come India e Cina, da cui arriverà al 2030 il 30% delle emissioni. Le emissioni globali, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, cresceranno da 27 miliardi di tonnellate nel 2005 a 42 miliardi di tonnellate nel 2030, secondo uno scenario inerziale. Ma se il consenso su questo tema è aumentato a livello scientifico, lo stesso non si può dire per i governi, che non sono ancora riusciti a trovare un’intesa soddisfacente e soprattutto a delineare una politica efficace. Le aspettative per le prossime scelte, che dovranno delineare le linee guida del “post-Kyoto”, sono quindi molto elevate.
In questo senso, il Protocollo di Kyoto sta mancando i suoi obiettivi. I Paesi aderenti a Kyoto rappresentano infatti solo il 30% delle emissioni mondiali di CO2. Pertanto, anche in caso di raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dal Protocollo di Kyoto si avrebbe una riduzione delle emissioni globali solo dell’1,5%. Un accordo per il post-Kyoto, per avere successo, dovrà basarsi su caratteristiche innovative. La partecipazione attiva di tutti i Paesi è fondamentale ed imprenscindibile. Un accordo globale dovrà definire obiettivi di lungo periodo credibili, realizzabili ed equilibrati, sviluppando ulteriormente i meccanismi di mercato differenziati per tecnologia e promuovendo l’uso di meccanismi flessibili per esportare tecnologie avanzate nelle economie emergenti. Ci si deve confrontare infatti con le legittime aspirazioni dei Paesi in via di sviluppo ad una crescita economica e sociale. D’altro canto, la necessità di ridurre l’impatto ambientale derivante dalla crescita deve trovare una risposta tecnologica da parte dei Paesi più avanzati, che devono essere incentivati ad esportare le migliori tecnologie disponibili. Se in Cina venissero applicate alle nuove centrali a carbone le tecnologie che Enel sta impiegando nel suo impianto a carbone pulito di Civitavecchia – e che ha in programma di impiegare anche a Porto Tolle – verrebbero risparmiate circa 65 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
La sfida del settore energetico consiste nel risolvere positivamente quella che definisco “l’equazione energetica”, che consiste nell’assicurare forniture energetiche sufficienti, compatibili con l’ambiente, ad un costo inferiore. Per vincere questa sfida non esiste un’unica soluzione ma è necessario un approccio integrato, che oltre alla crescita delle energie rinnovabili preveda altre linee strategiche di azione. Sono necessarie politiche di efficienza energetica, diversificazione delle fonti e sviluppo di nuove tecnologie per l’utilizzo di fonti fossili tradizionali, nonché investimenti in nuove frontiere quali l’idrogeno, l’energia solare e la ripresa del settore nucleare.
La chiave per risolvere la sfida del cambiamento climatico e assicurare sviluppo sostenibile e duraturo è certamente la tecnologia. Solo investimenti in nuove tecnologie possono consentire di dare una risposta alle aspirazioni di sviluppo di 6 miliardi di persone, stabilizzando e progressivamente riducendo le emissioni di gas serra. Enel sta facendo la sua parte. Abbiamo ridotto di 16 milioni di tonnellate, pari al 24%, le nostre emissioni di CO2 nell’atmosfera, nel periodo 2000-2006. Per quanto riguarda invece le nostre emissioni specifiche di CO2, queste sono state ridotte di circa il 20% dal 1990 al 2006 (da 618 g/kWh a 496 g/kWh), permettendo ad Enel di raggiungere con un anno di anticipo l’obiettivo definito dall’accordo volontario firmato col Ministero dell’Ambiente. Ma certamente non basta. Per rinforzare ulteriormente questo impegno anche per il futuro, Enel ha promosso il Progetto Ambiente e Innovazione, che prevede lo stanziamento di oltre 4 miliardi di euro nel periodo 2007-2011 per lo sviluppo delle rinnovabili, per progetti innovativi di efficienza energetica a servizio del consumatore e per programmi di ricerca avanzata su idrogeno, solare e cattura e sequestro della CO2. La nostra attenzione, insomma, prima rivolta prevalentemente a problematiche di breve e medio termine, quali l’aumento dell’efficienza e dell’affidabilità degli impianti, si è estesa a temi più innovativi e di lungo termine.
Uno studio dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) stima che il potenziale mondiale per il sequestro geologico sia sufficiente allo stoccaggio delle emissioni dell’intero parco termoelettrico mondiale per più di 200 anni. Anche il potenziale dell’Italia è notevole. Secondo stime preliminari condotte dal CESI Ricerca e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, esso dovrebbe aggirarsi intorno ai 30 miliardi di tonnellate di CO2, un valore oltre duecento volte superiore all’emissione annua degli impianti termoelettrici italiani.
In conclusione, in mancanza di scelte chiare e rapide che promuovano tutte le tecnologie, nessuna esclusa, il rischio vero per l’Italia è quello di una ripetuta scarsità di energia. È una situazione strutturale di vulnerabilità, che appare come il risultato delle non decisioni dell’ultimo ventennio. Solo una politica energetica coerente e lungimirante consentirà di restituire al nostro Paese quei ritmi di crescita elevati e duraturi e quella forte competitività che gli appartengono, e che gli permetteranno di colmare il divario, accumulatosi pericolosamente negli ultimi anni, con altri Paesi industrializzati e con grandi economie emergenti.
La vera rivoluzione è non cambiare il mondo ma piuttosto cambiare noi con la tecnologia al nostro servizio. Per questo non dobbiamo avere paura del futuro.
*discorso tenuto in occasione del conferimento della Laurea Honoris Causa in Ingegneria dell’Università di Genova. Tratto da Affari Italiani