Una diga che imbriglia la marea
Category : Tecnologia
Nelle poco montuose Isole Britanniche i salti d’acqua sono rari e piccoli. La potenza idroelettrica installata è solo il 15% di quella che abbiamo in Italia. Eppure si discute ora se costruire fra Inghilterra e Galles un impianto idroelettrico con una potenza di 8,6 GW (pari a quella di 9 grandi centrali nucleari). Sfrutterebbe le variazioni giornaliere di 10-15 metri del livello del mare prodotte dalle maree. Si costruirebbe uno sbarramento lungo 16 km attraverso l’estuario del fiume Severn a pochi kilometri dalla linea Cardiff-Bristol. Durante l’alta marea l’acqua del mare passerebbe attraverso 216 turbine Kaplan della potenza di 40 MW ciascuna. A marea bassa l’acqua fluirebbe indietro attraverso le turbine producendo energia. La potenza totale idroelettrica britannica raggiungerebbe così la metà di quella italiana coprendo il 4,4% del loro fabbisogno elettrico.
Il progetto di massima è stato realizzato dal Severn Tidal Power Group, un consorzio privato, ed è stato approvato da una Commissione governativa per lo Sviluppo Sostenibile. I laburisti insistono che l’impresa dovrebbe essere pubblica.
Altre proposte favoriscono uno sbarramento più a valle, lungo 30 km, ottenendo una potenza più che doppia, ma l’ammortamento sarebbe troppo oneroso. La diga di 16 km con la sua centrale costerebbe 21 miliardi di Euro, cioè 2,4 k€/kW. È circa il doppio di una centrale tradizionale termo o idro-elettrica. Quindi l’incidenza sugli ammortamenti sarebbe alta, tanto più che la centrale funzionerebbe solo 2.000 ore l’anno.
L’idea era stata già studiata in dettaglio nel 1989, ma il governo Thatcher la bloccò perché non sarebbe stata competitiva, dato il prezzo del petrolio al l’epoca. Oggi con il petrolio a 100 dollari al barile, il progetto comincia a sembrare fattibile.
Non mancano le opposizioni del Wwf, degli Amici della Terra e della Rspb, la Società Reale per la protezione degli uccelli. Gli ecologisti apprezzano il fatto che l’energia delle maree è rinnovabile, permette di evitare la produzione di gas di scarico e di consumare risorse non rinnovabili. Secondo loro, però, la grande diga causerebbe danni ecologici irreparabili alla flora e alla fauna marina e terrestre.
Alcuni oppositori sostengono che quantità minori, ma apprezzabili, di energia si potrebbero ottenere realizzando lagune in cui installare turbine cilindriche che sarebbero attraversate dal flusso e dal riflusso delle maree. I dibattiti sono accesi.
Qualcuno definisce il progetto un’idea da fantascienza, ma non è così: c’è il precedente della centrale di La Rance in Bretagna non lontano da Mont Saint Michel. Qui una diga sbarra una baia della superficie di 22 chilometri quadrati che racchiude un invaso di 180 milioni di metri cubi. Funziona da 40 anni e ha prodotto 24mila GWh di energia (valore: 4.000 miliardi di euro) mediante 24 turbine da 10 MW che possono funzionare anche come pompe. Al colmo dell’alta marea pompano dal mare altra acqua in modo da raggiungere un livello più alto.
Così si allungano i tempi di produzione di potenza e, insieme, si realizza un accumulo di energia, prodotta dalle centrali nucleari che, nelle ore notturne, è sovrabbondante rispetto al fabbisogno.
Purtroppo le maree nel Mediterraneo producono dislivelli molto minori e non consentono di realizzare impianti simili.
Articolo di Roberto Vacca, tratto da il Sole 24 ORE