Un’altra energia è possibile?
Category : Energia
articolo di Laura Bruzzaniti tratto da altrenotizie – fatti e notizie senza dominio
Due vertici sull’energia, due diverse visioni del futuro. Da una parte la “Conferenza mondiale dell’energia” (WEC) organizzata dal World Energy Council, che ha visto riuniti alla fiera di Roma dall’11 al 15 novembre multinazionali dell’energia, grandi imprese di stato, governi e rappresentanti del sistema bancario e finanziario mondiale per discutere sul “futuro dell’energia in un mondo interdipendente”. Dall’altra la “Conferenza per l’altra energia”, organizzata negli stessi giorni a Roma dal Forum ambientalista, con l’adesione di oltre novanta associazioni, esperti del settore e con la partecipazione di gruppi di cittadini che non ci stanno a vedere il proprio territorio devastato e la propria salute messa in pericolo dalle centrali a carbone (Civitavecchia e Tarquinia per esempio). Ma anche rappresentanti di comunità in Niger e in Bulgaria, venuti a raccontare dei disastri causati dalle compagnie petrolifere nella zona del delta del Niger, o del progetto che vede coinvolta l’ENEL nella costruzione di una centrale nucleare a Belene, zona ad alto rischio sismico.
Così, mentre alla Fiera di Roma si parla di “nucleare sicuro” e di “carbone pulito” al controvertice – negli spazi della Città dell’altra economia – si risponde con il risparmio energetico e il cambiamento degli stili di vita, si discute di energia democratica, pulita e rinnovabile e dell’urgenza di modificare una gestione energetica centralizzata e inefficiente. “Carbone pulito” e “nucleare sicuro” qui sono contraddizioni in termini, concetti ancora tutti da dimostrare. Si criticano le tesi che arrivano dal WEC, perché inconsistenti e basate sulla visione di un mondo primordiale. “Un mondo affascinato dal fuoco, guidato dalla ricerca spasmodica di qualcosa da bruciare – dice Andrea Masullo – un’idea di economia che non immagina un percorso diverso da quello seguito fino a qui, senza una visione di futuro, che vuole solo tirare avanti finché può”.
C’è bisogno di cambiare e c’è bisogno di chiarezza. Perché nascondersi dietro i numeri è facile, ma nessuno spiega che cosa c’è dietro i numeri. Angelo Baracca parla di “disinformazione programmata per impedire alla gente di capire”. Capire cosa? Per esempio che il nucleare non è una soluzione al problema energetico, perché richiede tempi lunghi e costi elevati, perché in Italia, anche volendo, non ci sono più i tecnici né le strutture per parlare di nucleare, perché il nucleare civile è sempre collegato al nucleare militare. E questo senza affrontare la questione delle scorie. Il cambiamento vero, secondo la Conferenza dell’altra energia, passa per un modello di gestione basato sul solare e sull’idrogeno. Più cauto l’approccio ai biocombustibili che, oltre a creare problemi nei Paesi in via di sviluppo sostituendosi alla coltivazione di prodotti per l’alimentazione, possono in alcuni casi essere inquinanti (i fertilizzanti usati per coltivare la colza per esempio contengono azoto, che con la combustione genera ossido di azoto).
“Pretendiamo un piano energetico nazionale”, si legge nel documento conclusivo. Perché così si capirebbe che l’approvvigionamento energetico nel nostro Paese è sufficientemente garantito e che la scelta di costruire nuovi rigassificatori, per esempio, è sbagliata inutile e nociva e serve solo gli interessi delle industrie. Più chiarezza anche nella divisione delle responsabilità tra Stato e Regioni: se sono le Regioni ad avere competenza per l’approvvigionamento energetico, allora devono trasferirsi loro anche le relative responsabilità (riduzione delle emissioni e incentivi alle rinnovabili). Solo in questo modo, con responsabilità regionali e linee guida nazionali, il governo può spiegare in modo credibile come intende raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
Ma, soprattutto, emerge da questa conferenza la necessità di adottare una prospettiva nuova sull’energia, basata sul risparmio energetico e sul cambiamento degli stili di vita. E che il cambiamento sia possibile lo testimonia l’Associazione dei comuni virtuosi. Marco Boschini racconta di comuni – come Colorno, Follonica e Padova – che prendono in affitto i tetti per installare pannelli solari, che cercano di far muovere i propri cittadini in modo intelligente ma soprattutto di farli muovere il meno possibile, che inventano metodi per trasformare i rifiuti in oggetti ancora utilizzabili. Comuni che non si limitano a chiedere ai cittadini di utilizzare lampadine a basso consumo e rompigetto per i rubinetti, ma danno l’esempio illuminando e riscaldando in modo efficiente i propri edifici e calcolando l’impronta ecologica della macchina amministrativa. Un cambiamento possibile, che passa attraverso il coinvolgimento delle comunità.