Megacentrale verde, c’è il progetto ma la Puglia non sa dove metterla
Category : Sviluppo sostenibile
Articolo di Federico Pirro da corriere.it del 3 agosto 2010
Investimento da 1,5 miliardi della tedesca Be4Energy
L’azienda ha bisogno di 750 ettari: mille campi di calcio
Sarebbe un investimento doppio di quello di 700 milioni di euro della Fiat a Pomigliano d’Arco per produrvi la Panda, e addirittura triplo dell’altro da 500 milioni previsto dalla British Gas per costruire il rigassificatore di Brindisi. Ma di cosa si sta parlando? Di un investimento di ben 1,5 miliardi di euro del gruppo tedesco Be4Energy per costruire in Puglia la più grande centrale fotovoltaica al mondo da 250 mw. Si pensi che per insediarla in un unico sito sarebbero necessari 750 ettari di superficie, pari a 1.050 campi di calcio di misure regolamentari, corrispondenti secondo la Fifa a 105 metri di lunghezza per 68 di larghezza. Per avere poi un’idea di cosa significherebbe questa centrale in termini di capacità di generazione, si pensi che la più potente oggi installata in Italia è quella di Montalto di Castro nel Lazio da 24 mw.
Il nuovo complesso energetico, una volta in esercizio, potrebbe soddisfare i consumi di 130mila famiglie ovvero — calcolando un numero medio di tre componenti per nucleo familiare — di 390 mila abitanti, pari ad oltre un terzo di quelli di Napoli, a tutti quelli di Bari e di alcuni Comuni del suo hinterland, e ad oltre sei volte quelli di Matera. Il progetto è stato presentato nei giorni scorsi al ministero dello Sviluppo economico, ai tecnici della sua task force per l’occupazione e ai sindacati nell’ambito della vertenza riguardante lo stabilimento di Castellaneta in provincia di Taranto, dismesso ormai da anni dal gruppo tessile Miroglio, ed ancora oggi con 223 lavoratori in cigs dei quali la società tedesca assorbirebbe 180 unità per il montaggio e la manutenzione delle migliaia di pannelli necessari; ed è opportuno rilevare che l’ulteriore proroga della cassa integrazione straordinaria è stata accordata proprio per l’esistenza di questa ipotesi di investimento. I funzionari ministeriali allora, dopo averne analizzato un primo schema, hanno inviato alla Regione Puglia, competente per le relative autorizzazioni, l’intero progetto che è in via di approfondita valutazione tecnica presso gli assessorati allo sviluppo economico, all’ambiente e all’assetto del territorio, dal momento che — come è stato sottolineato da Davide Pellegrino, direttore dell’assessorato allo sviluppo economico — «insediamento della megacentrale, pur molto interessante per le sue dimensioni che confermano la capacità della Puglia e delle sue politiche industriali di attrarre quelli di grande taglia, solleva tuttavia problemi paesaggistici, ecologici e tecnologici, riferibili peraltro questi ultimi ai non facili allacciamenti alle reti di trasmissione presenti nel Tarantino».
Certo, la Regione Puglia ha compiuto alcuni anni orsono una scelta strategica in materia di energie rinnovabili, risultando così oggi in Italia la prima per capacità di generazione installate e mw prodotti nell’eolico e nel fotovoltaico, mentre altre centinaia di impianti simili sono in attesa di esame e approvazione. E’ cresciuto di conseguenza nell’industria regionale il settore delle tecnologie e dell’impiantistica legato alle rinnovabili che annovera, fra gli altri, il megaimpianto della multinazional e da ne s e Vestasche, proprio a Taranto, costruisce aerogeneratori di grande potenza con 600 addetti e un vasto indotto. Ma questa corsa ‘‘al vento e al sole’’ — promossa dalla Regione anche con l’intento di ridurre l’impiego di olio combustibile, carbone e metano nelle imponenti centrali da anni in esercizio in Puglia — ha finito col creare complessi interrogativi (e relativi dibattiti) per l’uso crescente di suoli agricoli e l’ubicazione dei vari parchi energetici che hanno indotto la Giunta regionale a regolamentare e mitigare i vari insediamenti. Un investimento di 1,5 miliardi di euro — con pochi precedenti nella storia industriale della Puglia e del Mezzogiorno, almeno nell’ultimo quindicennio — se da un lato assicurerebbe rioccupazione per chi, da anni in attesa di tornare al lavoro, sopravvive oggi con 750 euro al mese, dall’altro potrebbe essere rifiutato proprio in base a valutazioni di carattere ecologico, anche se riferite (paradossalmente) ad una centrale sia di pure di enormi dimensioni ad energia solare.
I tecnici della Regione pertanto valutano la possibilità di proporre ai tedeschi di non concentrare l’investimento in un unico sito, ma di distribuirlo anche in altre aree della Puglia, e forse anche in Basilicata e in Campania, nel rispetto dei rispettivi piani energetici e previo confronto ufficiale con le Autorità delle due regioni contermini. Vi sarebbe in ogni caso da esaminare e se possibile risolvere con i tecnici di Terna il non facile problema degli allacciamenti dell’unico grande impianto, o dei vari siti di generazione se si optasse per questa soluzione, alle reti di tras miss i o ne cheinalcune aree del Sud sono già sovraccariche. Comunque, se l’intero progetto fosse realizzato in più zone del Meridione potrebbe configurarsi in tal modo un esempio di federalismo orizzontale che vedrebbe associarsi più Regioni del Sud per risolvere un problema nel loro reciproco interesse e in quello più ampio del Paese. Insomma questa proposta di investimento — che per dimensioni finanziarie, tipologia e complesse problematiche sollevate nel territorio interroga sino in fondo le capacità amministrative della Regione Puglia — dimostra tuttavia ancora una volta la forza attrattiva del Mezzogiorno ove già da decenni si localizzano impianti di settori strategici dell’industria italiana e di tante multinazionali estere.