La Cina:

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Category : Ambiente

di Franco Foresta Martin da corriere.it

E poi si allea con gli Usa per evitare eccessivi impegni di riduzione delle emissioni. Intanto nuovi studi «accusano» le risaie

I Paesi in via di sviluppo chiedono la resa dei conti all’Occidente ricco e industrializzato. Ecco un’altra grana abbattersi sugli scienziati dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), riuniti nella capitale tailandese per approvare il rapporto sulla «mitigazione» del cambiamento climatico: quali tecnologie adottare per ridurre le emissioni dei gas riscaldanti. Ieri la Cina e altri Paesi in via di sviluppo hanno chiesto ufficialmente che il documento finale, là dove si parla delle crescenti emissioni dei gas serra e della necessità di ridurle più efficacemente di quanto fatto finora, faccia un esplicito riferimento alle colpe dei Paesi opulenti, come gli Stati Uniti, responsabili di avere creato l’effetto serra antropico con il tumultuoso sviluppo industriale dei decenni scorsi. Ma gli accusati rispondono picche poiché, se è vero che hanno responsabilità storiche, è altrettanto vero che le emissioni degli Stati Uniti saranno presto superate da Paesi come Cina e India, i quali, almeno per ora, non intendono vincolarsi agli obblighi di riduzione previsti dal Protocollo di Kyoto. «Noi ci auguriamo che si ponga fine a questo tipo di discussioni, che non vanno affatto nella direzione giusta, -commenta con fastidio Tom Van Ierland, uno dei delegati dell’Unione Europea-. È triste assistere a queste recriminazioni, che sembrano soltanto un espediente per sfuggire ai propri doveri, mentre ci sono tante azioni utili da fare per ridurre l’effetto serra».

LA POSIZIONE UE – Quel che propone l’Unione Europea, in pratica, è il superamento dell’attuale situazione di stallo, che vede fuori dal Protocollo di Kyoto, e quindi da riduzioni obbligatorie dei gas serra, sia gli Usa che i Paesi in via di sviluppo. «Ormai è urgente assicurarsi che nei prossimi anni la crescita delle emissioni di gas serra sia ridotta con la partecipazione di tutti, in modo da evitare il superamento del livello di guardia di +2° delle temperature medie globali, oltre il quale le calamità climatiche sarebbero incontrollabili», aggiunge il rappresentante Ue. Sembra proprio che sulla riunione degli scienziati Ipcc, che si svolge a porte chiuse nella sede delle Nazioni Unite di Bangkok, e che si concluderà venerdì prossimo, si stiano scaricando tutte le tensioni politiche che hanno caratterizzato, fin dalla nascita, i negoziati per la riduzione dei gas serra, culminati con quell’accordo incompiuto che è il Protocollo di Kyoto.
ALLEANZA USA-CINA – Anche qui a Bangkok, mentre da un lato continua a riproporsi il contrasto fra Paesi industralizzati e in via di sviluppo, dall’altro riemerge una strana alleanza tra Usa e Cina, entrambi d’accordo nell’indebolire il documento finale sulle azioni di mitigazione che gli scienziati Ipcc intendono suggerire ai governi di tutto il mondo. Infatti, mentre la maggior parte degli esperti Ipcc ritiene che le nuove tecnologie energetiche, industriali e agricole possano presto portare a una stabilizzazione dei gas serra (cioè allo stop della loro crecsita), i governi statunitense e cinese sono convinti che questo risultato non sarà comunque raggiunto e che gli investimenti necessari metteranno in crisi le loro economie. Tanto vale non perseguirlo. Di qui il pressing sugli scienziati riuniti nella capitale tailandese affinchè il documento finale sia generico e ininfluente rispetto ai governi.

NUOVE PREOCCUPAZIONI – Anche sul versante scientifico stanno emergendo nuove preoccupazioni su attività dell’uomo che fanno crescere il riscaldamento globale. «Con l’aumento della popolazione le coltivazioni di riso sono diventate le produzioni agricole con le maggiori emissioni di metano, un gas serra che ha un potenziale riscaldante ben 21 volte superiore a quello dell’anidride carbonica», ha riferito Reiner Wassmann dell’Istituto internazionale di richerche sul riso delle Filippine. Anche per questa emergenza il rapporto Ipcc suggerisce l’adozione di tecniche di coltivazione in grado di ridurre dal 15 al 56% le emissioni.