Giornata della Terra per proteggere il futuro

Giornata della Terra per proteggere il futuro

Category : Ambiente

Si celebra oggi, 22 aprile, la 35ma "Giornata della Terra" dedicata quest’anno all’infanzia con lo slogan "Proteggi i nostri bambini e il nostro futuro". Oltre 6.500 educatori sono impegnati per promuovere i temi della salvaguardia del pianeta tra le giovani generazioni e per chiedere ai governi che siano garantiti in tutto il mondo per i bambini pace, salute ed educazione. Eventi e manifestazioni sui temi della tutela dell’ambiente sono promossi dal movimento "Earth Day network". Tra le inizitive di rilievo la campagna ”Trees Across America”, con l’obiettivo di mettere a dimora 285 milioni di alberi nei prossimi 5 anni, uno per ogni cittadino americano e la grande mobilitazione ambientalista di domani a Kiev dove sono previsti oltre 250.000 partecipanti.

L’Earth Day network è una comunità nata 35 anni fa dall’iniziativa di Gaylord Nelson, un senatore del Wisconsin, che allora aveva mobilitato 20 milioni di americani per una gigantesca dimostrazione in favore dell’ambiente. La scienziata Rachel Carson aveva da poco scosso il mondo con il suo studio "La primavera silenziosa", che documentava gli effetti nocivi dei pesticidi e di tutto l’arsenale chimico sulla natura e sull’equilibrio della terra. Cominciavano le attività di Greenpeace, con David Mc Taggart che nel 1972 iniziava la sua prima battaglia ambientalista. In Europa nei primi anni ’70 viene fondato il Club di Rome, seguito dalla nascità del World Watch Institute di Lester Brown. Dal punto di vista politico il movimento Earth Day Network si propone di fare pressione sui governi per realizzare effettive politiche di sviluppo sostenibile. Earth Day network è partner di Redefining Progress (l’istituto di ricerca americano che lavora per promuovere un’economia e politiche sostenibili) per estendere l’uso dell’impronta ecologica come strumento di calcolo dell’impatto dell’ azione umana sulle risorse naturali del pianeta. Secondo l’ultimo rapporto sullo Stato di salute del Pianeta della FAO (Millennium Ecosystem Assessment) presentato in tutto il mondo lo scorso 30 marzo, il 60% dei servizi forniti dagli ecosistemi, cioè i benefici che offrono agli esseri umani come l’acqua, il cibo, la pesca, la regolamentazione del clima – sono degradati o utilizzati in modo insostenibile.

In Brasile, intanto, il presidente Lula da Silva, nonostante le forti proteste dei latifondisti, ha firmato il decreto di assegnazione definitiva della terra indigena Tabalascada nello stato amazzonico di Roraima, provvedimento che si somma a quello della terra indigena Raposa/Serra do Sol firmato nei giorni scorsi. Abitata da 456 nativi di etnia Wapichana, la terra indigena è un’area di 13.014 ettari di superficie delimitata dalla Fondazione nazionale dell’indio (Funai) già nel 1997. I Wapichana vivono in quella porzione di terreno, situata nella regione della Serra da Lua, da almeno tre secoli, anche se la nascita della comunità Tabalascada risalirebbe a un secolo fa: le famiglie che compongono la comunità prevedono una radicata presenza anche di donne indigene Macuxi sposate con uomini Wapichana. Il Consiglio indigeno di Roraima ha espresso soddisfazione per la regolarizzazione della terra Tabascalada, provvedimento che giunge a pochi giorni da un’altra ‘storica’ omologazione, quella della terra indigena Raposa/Serra do Sol, attesa da oltre 26 anni dagli oltre 15.700 indigeni Macuxi, Wapichana, Ingariko, Taurepang e Patamona che la abitano. Ma circa il 50 per cento delle terre indigene sta ancora aspettando una ratifica dell’assegnazione.

La decisione di Lula è stata accolta con toni di condanna dalla classe dirigente di Roraima, che mantiene forti interessi con imprese minerarie, di legname e i latifondisti, da sempre attratti dalla ricchezza delle terre dei nativi e che già nel gennaio 2003 aveva scatenato una massiccia protesta sfocata in violenze e nel rapimento di tre missionari da parte di indigeni assoldati da ‘fazendeiros’ e coltivatori di riso – riporta l’agenzia di stampa Misna. Migliaia di persone guidate dall’associazione dei commercianti – 15.000 secondo la polizia militare – hanno invaso ieri il centro di Boa Vista protestando contro l’omologazione di Raposa e accusando il governo di non voler corrispondere alcun risarcimento ai coloni che dovranno entro un anno lasciare il territorio. Il coordinatore del Consiglio indigeno di Roraima, Marinaldo Trajano, ha ribadito che gli indios non sono contrari agli indennizzi per gli occupanti abusivi della loro terra, ma ricordano che molti di loro hanno arrecato gravissimi danni all’ecosistema di Raposa, inquinando fiumi, abbattendo vaste porzioni di foresta, danni incalcolabili che minacciano la stessa sopravvivenza dei nativi. [GB]

Traddo da Unimondo.org