Italia rinnovabile: 2020

Italia rinnovabile: 2020

Category : Energia

Vi propongo un interessante lettura sugli scenari di previsione per le fonti rinnovabili in Italia, fatti da un professore del Politecnico di Milano e pubblicata su qualenergia.it.

Ce la faremo a rispettare l’obiettivo, fissato dalla UE, di un contributo delle rinnovabili al bilancio energetico del 2020 pari al 20%? In particolare, ci riusciremo nella produzione elettrica che, secondo un’opinione largamente condivisa, per contribuire al rispetto di tale obiettivo nel 2020 dovrebbe generare circa un terzo dell’elettricità mediante fonti rinnovabili?
Naturalmente le previsioni della domanda elettrica al 2020 devono tenere conto dell’altro obiettivo UE, la riduzione del 20% dei consumi rispetto alla domanda tendenziale.
Poiché il “Rapporto Energia a Ambiente 2006” dell’ENEA prevede nel 2020 un domanda tendenziale in Italia compresa fra 416 e 458 TWh, l’obiettivo di maggiore efficienza fissato dall’UE impone di ridurla a valori fra 333 e 366 TWh (nel 2006 ci siamo collocati intorno a 338 TWh), con un contributo da rinnovabili fra 111 e 122 TWh, contro i 49 TWh del 2006. Si tratta quindi di più che raddoppiare la produzione elettrica da rinnovabili in 14 anni.

Le recenti “Previsioni di domanda energetica e petrolifera 2007-2020” dell’Unione Petrolifera stimano nel 2020 una produzione da rinnovabili pari a 84 TWh, suddivisa per fonte come riportato in tabella 1.
Nel volume “Italia 2020 – Energia e ambiente dopo Kyoto”, Paolo Degli Espinosa per il 2020 propone gli obiettivi sintetizzati nella tabella 2.

Il documento del 2005 del MAP, “Scenario tendenziale dei consumi e del fabbisogno al 2020”, per questa ultima data, fornisce un valore complessivo di 90 TWh da rinnovabili.
Delle previsioni esaminate, solo quella di Degli Espinosa indica per il 2020 un risultato superiore se pur di poco al valore minimo che le rinnovabili dovrebbero raggiungere per rispettare gli obiettivi fissati dall’UE, ma ci riesce assumendo un apporto di 72 TWh da idroelettrico e geotermico, tecnicamente pressoché impossibile da realizzare. Anche l’Unione Petrolifera per queste due fonti avanza previsioni ottimistiche (57 TWh), tuttavia meno lontane dalla presumibile realtà.
Tenuto oltre tutto conto dei vincoli posti dal Deflusso Minimo Vitale e dell’aleatorietà (dovuta ai livelli di precipitazione) della fonte idrica, mi sembra più realistico assumere per il 2020 un contributo di idrico e geotermico compreso fra 50 e 55 TWh.

Per l’eolico occorre tenere conto che le ulteriori installazioni on-shore difficilmente potranno superare di molto i 15.000 MW. Di conseguenza per il 2020 anche con qualche contributo dell’off-shore 25 TWh sembra un obiettivo prudenziale e 30 TWh potrebbe essere alquanto ottimistico.
Per il fotovoltaico il decreto del 19 febbraio prevede di raggiungere 3.000 MW installati nel 2016, che potrebbero tranquillamente raddoppiare entro il 2020 e comunque salire per lo meno a quota 5.000. Nell’ipotesi che si riesca finalmente a privilegiare le installazioni nelle regioni meridionali con maggiore insolazione, si otterrebbero, in tal modo, fra 7 e 8,5 TWh all’anno.
La tabella 3, che riassume queste stime, consente di ricavare i contributi di ultima istanza, che dovranno necessariamente essere forniti dalla generazione elettrica per mezzo di biomasse.

Rispetto ai 4 TWh circa del 2006 l’apporto delle biomasse dovrebbe quindi, come minimo, più che quadruplicarsi, come massimo decuplicarsi. Sono obiettivi realistici?
Pur tenendo conto che sotto la dizione biomasse passano diverse soluzioni tecnologiche per il loro sfruttamento energetico, alcune già disponibili commercialmente, altre in fase di sviluppo più o meno avanzato, è realistico assumere che da qui al 2020 almeno l’80% del contributo continui a venire dalla combustione diretta di materiale ligneocellulosico. Ciò equivale a bruciare nel 2020 da un minimo di 19 milioni di tonnellate a un massimo di 44 milioni di tonnellate di materiale ligneocellulosico, il che, ricorrendo a un mix realistico (70% da produzione accelerata – Short Rotation Forestry e 30% da residui agricolo-forestali), comporta la coltivazione a SRF fra un minimo di 370.000 e un massimo di 850.000 ettari. Due valori, soprattutto il secondo, così elevati da far tremar le vene e i polsi.
Per questo motivo sono in interessata attesa delle elaborazioni con modelli e sofisticazioni adeguate che l’ENEA sta predisponendo.

G.B. Zorzoli