Le biomasse la panacea di tutti i mali per il Salento?

Le biomasse la panacea di tutti i mali per il Salento?

Category : Salento

In questi giorni sta avendo luogo nel salento la solita guerra tra poveri. Anzi no .. una guerra tra Davide e Golia, da una parte le associazioni ambientaliste preoccupate non tanto per l’installazione in se stessa della centrale a biomasse di Lecce ma di quelli che possono essere gli effetti sul territorio (sbagliando i termini e i modi, screditandosi nel momento in cui scrivono che una centrale a biomasse inquina come quella di Cerano). Dall’altra parte un colosso l’Italgest di Casarano (con alle spalle la FALCK?)

Guardo da lontano (oltre 1000 km), cerco di essere critico ed equidistante cercando di fare domande tecniche, aspettando con pazienza che i tecnici Italgest ci forniscano qualche numero.

Intanto riporto in questo post alcune interressanti osservazioni sulle biomasse, fatte da due giovani ingegnere elettrici salentini: Matteo Morelli e Raffaele Caccioppola su un gruppo di discussione di Facebook.

Non entrerò nell’argomento sanità perchè non è il mio campo, anche se mi pare lampante che una centrale a combustione inquini più di nessuna centrale a combustione.

Il mio campo è l’ingegneria, la tecnica e gli studi di fattibilità.

La produzione di energia elettrica da biomasse ha un vantaggio innegabile rispetto alle fonti tradizionali che è quello del bilancio di CO2 “quasi nullo”, cioè la CO2 riversata in ambiente durante la combustione è solo leggermente superiore a quella fissata dalla pianta da cui la biomassa è estratta durante la sua vita.

Ora chiediamoci per un attimo: ma questo bilancio resta “quasi nullo” qualunque sia la dimensione dell’impianto? Che cos’altro entra nel calcolo finale del bilancio di anidride carbonica?

Il girasole non si coltiva da solo: bisogna lavorare e preparare il terreno. Utilizzare fertilizzanti e fitofarmaci che vengono prodotti altrove e trasportati nell’area di coltura.
La materia prima coltivata va trasportata al luogo di lavorazione, da cui verrà estratto, spendendo energia, l’olio combustibile.
Questo andrà a sua volta trasportato alla centrale di produzione.

Tutti quelli descritti prima sono dei passaggi della filiera di lavorazione che comportano uso di energia, tra l’altro anche probabilmente prodotta con fonti fossili.

Risulta chiaro, spero, che quanto più grande è l’area dedicata alla coltivazione per la centrale più aumentano le spese energetiche (e la CO2 emessa) per gestirla e la convenienza e la sostenibilità ambientale di un impianto a biomasse diminuiscono drasticamente.

Come ampiamente sostenuto e divulgato nella letteratura tecnica, per essere a bilancio di CO2 “quasi nullo”, un impianto a biomasse deve avere un’area di raccolta (ne parlerò in seguito) adeguata al territorio ospitante, una filiera cortissima e possibilmente del tutto interna all’area interessata per minimizzare i costi economici e ambientali dei trasporti, e in generale una vocazione all’utilizzo delle biomasse cosiddette “residuali”, cioè scarto delle lavorazioni già presenti sul territorio in questione.

Realizzare impianti di grossa taglia, non adeguati al territorio che li ospita, non è razionale dal punto di vista della sostenibilità ambientale e delle ricadute sul territorio.

Inoltre, visto che una centrale a biomasse produce energia termica insieme a quella elettrica, bisogna predisporre il progetto di un sistema di teleriscaldamento (anch’esso il più possibile di breve sviluppo) per utilizzarla,
altrimenti questa viene perduta e il rendimento della centrale scende visto che una buona quota dell’energia che produce viene dispersa come calore.

Adesso mi addentro un pò nei calcoli, spero mi seguiate.

Poniamo di voler realizzare una centrale a biomasse da 30MW, un esempio molto simile al caso in esame.
In un anno abbiamo 8760 ore: ipotizziamo che la centrale funzioni 8000 ore, al netto dei tempi di manutenzione programmata. Risulta che l’energia prodotta in un anno dalla centrale è 30 x 8000 = 240.000 MWh.

Adesso facciamo un’altra ipotesi: la centrale ha un rendimento del 100%, cioè riesce a trasformare tutta l’energia presente nell’olio di girasole in energia utilizzabile.
Chiaramente, ci serviranno per farla funzionare le tonnellate di olio di girasole che possano sviluppare 240.000 MWh in un anno.

Quante tonnellate di semi di girasole produce un ettaro di terreno in un anno nel norditalia? circa 2,8.
Quante nel sud-italia? al massimo 2, per via del terreno meno fertile e della scarsità delle risorse irrigue.
(dati CTI – Comitato termotecnico italiano – indagine BIOFIT 2000)

In peso, quante di queste tonnellate diventano olio? il 36-38%, cioè da 100 tonnellate di seme si possono estrarre fino a 38 tonnellate di olio.
Quindi, ogni ettaro di terreno in un anno qui in provincia può fornire al massimo: 2,0 tonnellate di seme x 38% = 0,76 tonnellate di olio per ettaro, 760 chili.

Ora, il potere calorifico inferiore dell’olio di girasole (cioè l’energia che se ne può estrarre) è di circa 10KWh per ogni chilogrammo di olio.

Quanto olio mi servirà per alimentare una centrale che produce 240.000 MWh (cioè 240.000.000 di KWh) all’anno? Facile, dovrò utilizzare 240.000.000 / 10 = 24.000.000 kg = 24.000 tonnellate di olio all’anno.

Per produrre queste 24mila tonnellate quanto terreno mi servirà? Anche qui il calcolo è semplice, se un ettaro produce 0,76 tonnellate, per produrne 24mila occorreranno 24.000 / 0,76 = circa 31.600 ettari di terreno coltivati a girasole. Ma cauteliamoci, poniamo che ne servano 31mila “soltanto”.

Abbiamo ipotizzato che tutta l’energia dell’olio venga trasformata in energia fruibile, ma in realtà il rendimento tipico di un impianto di cogenerazione non supera l’85%, ciò significa che arriviamo a 31.000 / 0,85 = 36.500 ettari necessari.

Non è finita qui: il girasole è per forza di cose una coltura rotativa e per evitare parassiti e flora patogena non può ritornare sullo stesso terreno che minimo ogni 3 anni. Questo significa che dobbiamo moltiplicare per 3 il fabbisogno di aree coltivate: per alimentare la centrale servono dunque 36.500 x 3 = 109.000 ettari. Francamente stupisce, su questo tema, la vaghezza di Coldiretti.

109mila ettari??? Mi sorge un dubbio… ma quant’è l’area disponibile in provincia? Il 5