Studio Ambrosetti: sicurezza energetica a rischio in Italia, se non cambia il mix delle fonti

Studio Ambrosetti: sicurezza energetica a rischio in Italia, se non cambia il mix delle fonti

Category : Energia

La dipendenza energetica dell’Italia dalle importazioni di fonti estere, già di gran lunga superiore alla media europea, l’85% contro il 53%, è destinata ad aumentare nei prossimi anni con «notevoli ripercussioni in termini di sicurezza» se non si rivede il mix produttivo. È il monito che emerge da ricerca della European House di Ambrosetti, presentata oggi a Cernobbio. "Le scelte di rinunciare al nucleare e di utilizzare poco il carbone hanno contribuito al forte sbilanciamento sul gas – si legge nel rapporto, un unicum in Europa». Lo studio Ambrosetti evidenzia infatti come la produzione interna di energia avviene impiegando in larga misura fonti fossili (l’80%), mentre la restante parte di energia elettrica è prodotta tramite fonti rinnovabili. «La dipendenza della produzione elettrica dal gas, il cui prezzo è legato a quello del petrolio determina la crescita dei prezzi pagati dai consumatori causata dall’aumento dei costi di approvvigionamento (+10%) più che da quelli legati alla trasmissione e alla distribuzione».

Le scelte sul piano infrastrutturale contribuiscono alla vulnerabilità energetica dell’Italia. La costruzione di impianti di rigassificazione e di campi di stoccaggio potrebbero consentire invece una maggiore diversificazione della provenienza geografica delle fonti, facendo diminuire i rischi legati a fattori geopolitici, nonché la possibilità di prevenire crisi energetiche attraverso l’accumulo di scorte di gas. L’analisi delle infrastrutture presenti nel Paese, ha evidenziato che «la configurazione attuale delle reti non è in grado di sostenere il notevole incremento della domanda, né di fornire una risposta alla necessità, di livelli maggiori di sicurezza». Per quel che riguarda i rigassificatori, lo studio di Ambrosetti rileva come «hanno tutte le carte in regola per fornire al sistema un valore aggiunto, anche alla luce del fatto che importare via nave il gas liquefatto è una soluzione logistica efficiente», senza parlare della diversificazione geografica.

L’importanza di avere nuovi impianti è riconosciuta dall’80,1% degli italiani ma solo il 19,2% è pienamente disposto ad accettare nuove strutture vicino alla propria abitazione. È il risultato di un sondaggio condotto su un campione di 2180 intervistati, realizzato dalla European House di Ambrosetti e da cui emerge come in Italia pesi, nella costruzione di nuove infrastrutture, il cosiddetto fenomeno «nimby»: i veti locali rappresentano infatti il maggiore ostacolo alla creazione di nuove infrastrutture; più alta è invece la percentuale di coloro che, favorevoli alle fonti rinnovabili, sono disposti ad averle vicino a casa (il 77% degli intervistati). Quanto ai costi dell’energia per l’88,9% del campione sono giudicati troppo alti e solo l’11,2% è disposto a veder salire i costi della bolletta per l’impiego di fonti rinnovabili. Inoltre, il sondaggio evidenzia che il 22% degli italiani è pienamente disponibile alla costruzione di centrali nucleari in Italia. Infine tra gli intervistati che non si oppongono ad avere una centrale vicino a casa, il 38,3% preferirebbe una centrale nucleare, mentre il 36,9% una a fonte fossile.

Conti (Enel): riforma normativa per allineare i costi al resto della Ue
«Se in Italia venisse fatto un semplice aggiustamento della normativa esistente per l’iter autorizzativo degli impianti e venissero attuate delle politiche di risparmio energetico allora il nostro Paese potrebbe rientrare negli stessi parametri degli altri Paesi europei per quanto riguarda il costo dell’energia». Lo ha detto l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti in conferenza stampa a Cernobbio. Conti ha ricordato che in Italia negli ultimi dieci anni il costo dell’energia «è aumentato meno dell’inflazione, nonostante il costo della materia prima sia aumentato di quattro volte. Nonostante ciò – ha ammesso – abbiamo il costo energetico più alto rispetto agli altri Paesi europei. Se però potessimo completare le operazioni di investimento sul carbone, unite ad una politica di risparmio energetico, potremmo rientrare negli stessi parametri degli altri Paesi Ue in termini di costo dell’energia».

Conti ha quindi lamentato la mancanza di linee guida nella programmazione energetica di un Paese nel cui mercato «sono presenti tutte le maggiori aziende energetiche del mondo grazie al processo di liberalizzazione apertosi nel 1999». In Italia, ha aggiunto, si corre «il rischio del non fare il cui costo è pari a circa il 3% del Pil». Il numero uno di Enel ha poi lamentato anche il fatto che «ci sono troppe Regioni italiane che vogliono farsi il proprio piano regionale sull’energia e questo non ha molto senso: i localismi vanno combattuti. Solo con un aggiustamento della normativa esistente per l’iter autorizzativo degli impianti – ha concluso – nel rispetto delle regole ambientali, saremo in grado di fare tutto ciò che fanno gli altri Paesi europei».

da ilSole24Ore di Piero Fornara